TUTELA GIURIDICA DEL FORMAT

Negli ultimi tempi ha assunto un sempre maggior rilievo la figura del format televisivo, atteso, principalmente, il fiorire di una contrattazione che lo prevede quale oggetto dello scambio e gli attribuisce, per ciò solo, un valore economico significativo, tanto da far sorgere una vera e propria area di mercato a ciò dedicato.

Sebbene il concetto di format sia associato, per lo più, ai programmi televisivi, il suo novero è composto, tra gli altri, da opere teatrali, spettacoli e trasmissioni radiofoniche.

A sua volta, il format rientra nella categoria delle c.d. opere audiovisive (assieme, a titolo esemplificativo, ai videoclip e ai videogiochi), intendendosi per esse ogni opera composta da immagini dinamiche, anche se sprovviste di una compiuta trama narrativa o a ridotto contenuto narrativo, le quali non rientrano nella categoria dei prodotti cinematografici.

Il format è un’opera complessa, connotata da specifici elementi atti a qualificarlo quali le scene, i luoghi, la linea tematica, le scenografie, le caratteristiche del conduttore e dei protagonisti.

I suoi elementi essenziali sono il titolo, il concept/la struttura narrativa, la scheda analitica/lo sviluppo dettagliato del concept, l’indicazione dei ruoli principali (es: conduttore, vallette, concorrenti, selezione di questi ultimi), la scaletta di una puntata tipo e tutti gli altri elementi visivi, grafici e musicali atti a caratterizzarlo.

Nel nostro ordinamento non esiste alcuna normativa tesa a proteggere il format e, pertanto, alla luce di tale lacuna legislativa, il compito degli interpreti è stato quello di connotarne i tratti essenziali, domandandosi negli anni se i diritti di proprietà intellettuale – volti, principalmente, a scongiurare il rischio di iniziative economiche concorrenti- possano essere applicabili al format e, conseguentemente, a interrogarsi su quando esso contenga quel carattere creativo atto a renderlo tutelabile ex art. 1 della legge 633/1941 e a sottrarlo all’utilizzazione indiscriminata da parte della collettività, attribuendo al proprio autore quello ius excludendi alios da esperire erga omnes.

In mancanza del requisito della creatività, difatti, il format altro non sarebbe che una mera idea non tutelabile, da considerarsi tamquam non esset.

Peculiarità del format rispetto alle altre opere audiovisive è che lo stesso sia, sostanzialmente, la struttura di base per la realizzazione di un futuro spettacolo, connotato dalla sinteticità, tanto da non rappresentare ancora l’idea compiutamente sviluppata, ma prestandosi ad essere duttilmente elaborato sino alla configurazione del programma definitivo, che, in alcuni casi, può persino essere diverso dall’idea originaria.

Per molto tempo, pertanto, la giurisprudenza più risalente ha negato il carattere di originalità al format, riducendone il concetto ad una mera idea di partenza non meritevole di tutela giuridica  e, dunque, ad un mero “bene impalpabile”, uno schema difettante della compiutezza formale di espressione e di rappresentatività (Trib. Roma, 8 aprile 1966). Il format, quindi, veniva tout court ritenuto privo della compiutezza espositiva capace di far rinvenire un minimo di creatività in capo all’autore, senza la benché minima capacità distintiva.

Nel perdurante silenzio del legislatore, e nonostante l’art. 2 della Legge sul Diritto d’Autore non lo menzioni tra le opere dalla stessa tutelate, si rinviene, finalmente, una compiuta definizione di format nel bollettino SIAE del 1994, ai sensi del quale per esso debba intendersi un’“opera dell’ingegno avente struttura originale esplicativa di uno spettacolo e compiuta nell’articolazione delle sue fasi sequenziali e tematiche, idonea ad essere rappresentata in un’azione radiotelevisiva o teatrale, immediatamente o attraverso interventi di adattamento o di elaborazione o di trasposizione, anche in vista della creazione di multipli. Ai fini della tutela, l’opera deve comunque presentare i seguenti elementi qualificanti: titolo, struttura narrativa di base, apparato scenico e personaggi fissi”.In seguito, con la delibera 699/01/CSP, l’Autorità per la Garanzia delle Comunicazioni, recependo la definizione SIAE, ha riconosciuto tutela al format in presenza dei predetti requisiti.

In tempi recenti, dunque, la giurisprudenza si è assestata nel senso di ritenere perfettamente possibile la tutela autoriale del format di un programma televisivo, seppure a patto che lo stesso si configuri quale una struttura narrativa connotata da un minimo di creatività, articolata in svariate scene in cui siano delineati i tratti principali dei personaggi, descritti i luoghi della vicenda e siano presenti uno schema di programma delineato nei suoi tratti essenziali (Cass. 17 febbraio 2010 n. 3817, Cass. 16 giugno 2011 n. 13249; Cass. 13 ottobre 2011 n. 21172, TRib. Roma 6 luglio 1999).

Per converso, sono stati ritenuti non meritevoli di tutela alcuni format privi di una struttura compiuta, caratterizzati, per lo più, da dialoghi improvvisati tra i personaggi e il pubblico o senza un’ambientazione ben definita, il cui nucleo essenziale era costituito da un mero schema comune destinato ad essere riempito nient’altro che dalla spontaneità del conduttore e dei partecipanti (Trib. Roma, sent.del 31 maggio 2007).

In questi casi, infatti, il format è stato ritenuto quale un’ideazione ancora vaga e generica tanto da essere paragonabile ad una scatola vuota, priva di qualsiasi utilizzabilità mercantile e carente dei requisiti di creatività e di individualità indispensabili per la configurabilità stessa di un’opera dell’ingegno.

Ad ogni modo, la giurisprudenza maggioritaria riconosce ad oggi espressamente tutela al format e – quale logico corollario- gli attribuisce il carattere dell’originalità qualora lo stesso presenti quali elementi qualificanti articolazioni sequenziali e tematiche costituite da un titolo, un canovaccio o una struttura narrativa di base, un apparato scenico e personaggi fissi, tali da realizzare una struttura esplicativa ripetibile del programma e dotata di un grado minimo di elaborazione creativa (Cass. civ sez. I, sent. n. 18633/2017; Tribunale di Roma, sentenza n. 775 del 18 febbraio 2017).

Stante, dunque, la connotazione del format quale prodotto dalla formazione progressiva o, per così dire, in itinere, è opportuno evidenziare che la registrazione dello stesso in SIAE – nell’apposita sezione DOR (Drammi e Opere Radiotelesive) – non dà luogo all’iscrizione, in quanto ciò che viene depositato è un progetto per un’opera futura, non ancora praticamente realizzata.

L’unico scopo della registrazione- di durata triennale e rinnovabile dal depositante- dunque, è quello di tutelare la priorità dell’idea in capo all’autore. La registrazione, ben lungi dall’avere carattere costitutivo, avrà pertanto una mera efficacia ad probationem, per fornire la prova dell’anteriorità della creazione.

Per ovviare a tele intrinseca carenza, dunque, è senz’altro utile depositare il titolo del format al pari di un marchio, per far sì che lo stesso acquisisca un diritto d’uso esclusivo valido per 10 anni dal deposito, rinnovabili di volta in volta per ulteriori dieci anni.

Allo stesso modo, nell’ambito di un format, potranno ritenersi di per sé ed autonomamente tutelabili i testi recitativi delle singole puntate, l’interpretazione data dal conduttore, le scenografie e, non da ultimo, i personaggi di fantasia.

E, a tal proposito, la giurisprudenza da decenni ha riconosciuto che i personaggi possano essere oggetto di diritto d’autore, quando essi abbiano connotazioni così tanto caratterizzanti da costituire un unicum irripetibile, tutelabili ex art. 1 della Legge 633/1941.

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